Home » La connessione WiFi per l’IoT per una nuova generazione del wireless
La prima versione del protocollo Wi-Fi 802.11 è stata pubblicata nel 1997 e forniva una velocità di collegamento fino a 2 Mbit/s. Oggi, 24 anni dopo, lo sviluppo delle connessioni wireless ha conosciuto una crescita straordinaria.
Attualmente i protocolli più utilizzati sono quelli che rispondono allo standard IEEE 802.11ac (Wi-Fi 5 o ac), e IEEE 802.11ax (Wi-Fi 6 e 6E); nel 2024 verrà introdotto anche il nuovissimo Wi-Fi 7 con lo standard IEEE 802.11be e oltre 30 Gbps di velocità. Come si può notare il processo di sviluppo di connessioni sempre più performanti non accenna ad arrestarsi; ma quali sono i protocolli Wi-Fi più comuni? Come vengono sfruttati per il controllo dei dispositivi in ambito IoT?
Tutti i giorni miliardi di dispostivi si connettono al Wi-Fi per inviare e ricevere in maniera costante dati e informazioni. Il problema degli attuali protocolli su cui si basa il Wi-Fi (WEP, WPA, WPA2e WPA3) è l’elevato consumo energetico per lo scambio efficace e rapido dei dati, fattore che incide in maniera significativa sull’autonomia dei dispositivi più piccoli. Per questa ragione i protocolli alternativi al Wi-Fi saranno sviluppati in modo che siano in grado di coprire distanze più elevate, con consumi energetici drasticamente ridotti.
A differenza dell’attuale Wi-Fi, l’alternativa di ultima generazione, denominata “Wi-Fi HaLow“, non trasmetterà i dati in maniera continuativa, bensì con trasmissioni periodiche e concentrate nel tempo. Il risultato di questa novità è una trasmissione dei dati più lenta e adatta ad uno scambio occasionale di dati tra i dispositivi connessi, a totale beneficio dell’autonomia delle batterie di questi ultimi.
Per controllare e monitorare un dispositivo via wireless è necessario utilizzare software o applicazioni mobili che siano connesse alla rete. Il vantaggio dei dispositivi connessi via wireless è quello di poter essere controllati da remoto, anche se l’input viene loro fornito da una rete completamente diversa. È in questo modo, ad esempio, che possiamo accendere il condizionatore prima di tornare a casa: basterà accedere all’applicazione dedicata, avere una qualsiasi connessione di rete accesa, per poi poter controllare tutte le funzioni del dispositivo.
L’input di controllo e monitoraggio dei vari dispositivi non deve essere per forza manuale, ma impostando un flusso di automazioni e routine è possibile programmare degli scenari da attivare nel momento in cui si verificano determinate condizioni.
Ad esempio, il sensore di apertura/chiusura porta rileva che siamo usciti di casa, e in quel momento attiva la registrazione delle telecamere di videosorveglianza, spegne le luci, attiva l’allarme e abbassa le tapparelle. Sono tutte azioni che possono essere controllate da remoto, oppure automatizzate secondo la logica “IFTTT” (If This Than That), ossia, al verificarsi di questa condizione, succede questo etc.
Le app giocano un ruolo centrale nel controllo da remoto di un dispositivo smart, ma affinché siano efficaci devono essere sviluppate con cura in ogni minimo dettaglio. Esistono tre diverse tipologie di applicazioni mobili che è possibile sviluppare:
Le app native sono indubbiamente la migliore tipologia di applicazione da sviluppare se lo scopo è quello di controllare e monitorare un dispositivo smart. Il processo di sviluppo di questa tipologia di app è molto simile a quello di tutte le altre: si parte sempre da un’idea, si procede alla redazione del business model, si definiscono gli elementi principali fino al rilascio vero e proprio presso gli store ufficiali.
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