
Home » Il Supervised learning e le possibili applicazioni
I computer sono oggi in grado di elaborare dati e informazioni estremamente complessi, a tal punto da riuscire a prendere delle “decisioni” in maniera autonoma. Questo processo prende il nome di “Machine Learning”, e consente alle macchine di utilizzare gli input informativi ricevuti per elaborare una determinata risposta.
Tuttavia, anche i computer devono essere “addestrati” per compiere determinati compiti, ed è qui che entra in gioco un’altra realtà legata allo sviluppo dell’intelligenza delle macchine: il Supervised Learning.
Per scoprire di cosa si tratta, in questo articolo ti spiegheremo come si sviluppa l’apprendimento supervisionato, in cosa consiste e quale contributo fornisce all’innovazione tecnologica.
Proprio come a scuola ci viene insegnato come scrivere, e come leggere, allo stesso modo anche i computer devono essere addestrati a sviluppare una propria intelligenza e l’abilità di prendere decisioni proprie. Il Supervised learning è la metodologia adottata per l’apprendimento intelligente delle macchine, e consiste nel fornire loro una serie di dati che fungono da base informativa per interpretare e riconoscere dei modelli.
Il Supervised learning è quindi efficace per il funzionamento di tutti quegli algoritmi impiegati nelle operazioni di categorizzazione di dati, fotografie, calligrafie e linguaggi. Simili tecnologie vengono implementate anche per l’osservazione e la previsione di tendenze numeriche, dall’ andamento del prezzo di un bene, al comportamento atteso di un cliente che naviga in rete.
Per comprendere meglio il concetto di apprendimento supervisionato, prendiamo come esempio il processo di riconoscimento delle immagini: il Supervised learning offre a un computer gli strumenti necessari per imparare a distinguerle.
Prendiamo in considerazione due immagini differenti: in una vi è un pullman arancione, nell’altra un’automobile blu: il nostro obiettivo è quello di insegnare al computer a distinguere queste due fotografie. Come farlo? Il punto di partenza è quello di fornire al sistema una grande quantità di dati, la più variegata possibile.
L’apprendimento della macchina è tanto più efficace, quanto maggiore è la quantità di dati messa a sua disposizione; se carichiamo nel sistema solo informazioni di macchine blu e pullman arancioni, costringiamo gli algoritmi a credere che tutte le auto e i pullman siano blu e arancioni: errato! Dobbiamo quindi fornire una base di dati molto ampia, che comprenda più variabili possibili. Solo in questo modo la macchina può imparare a distinguere l’immagine di un’auto rispetto a quella di un pullman e le relative differenze di colore, modello, dimensioni ecc.
In conclusione, possiamo affermare che, affinché l’apprendimento sia efficace, il sistema deve prima ricevere dei contenuti informativi definiti “non ordinati”. Solo sulla base di questi riesce a prendere delle decisioni, confrontando la risposta che è riuscito a formulare con quella desiderata dagli sviluppatori in fase di programmazione.
Ovviamente, come qualsiasi altro processo di apprendimento, ci vuole del tempo. Si procede con il Supervised learning fino a quando i risultati elaborati dalla macchina non soddisfano le esigenze del team di sviluppo.
Il Supervised learning è particolarmente efficace per addestrare gli algoritmi a compiere determinate azioni in specifici contesti di utilizzo. Il principale pro di questa metodologia è la chiarezza con cui avvengono i processi decisionali: la macchina prende le sue decisioni sulla base di input specifici, che vengono definiti con precisione in precedenza dagli sviluppatori. In un processo non supervisionato, invece, questo non avviene, e l’output ottenuto è molto più difficile da interpretare.
Se questo è un punto di forza dell’apprendimento supervisionato, è al contempo un punto di debolezza: gli algoritmi operano in base alle indicazioni imposte in fase di sviluppo, e questo limita le capacità operative della macchina che non potrà mai produrre dei risultati e delle soluzioni “creative”.
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